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Surya Namaskara, la sua origine

Aggiornamento: 21 dic 2023


Surya namaskara, la sua origine

Qualche settimana fa è iniziata l'estate e il solstizio è diventato occasione di celebrazione non solo di una nuova stagione, ma anche dello Yoga.

In questa lunga giornata il sole non si limita a illuminare tutto ciò che accarezza di luce ma diviene protagonista di molti eventi che rendono omaggio a quest'ultimo e allo Yoga con pratiche incentrate proprio sui Saluti al sole (Surya namaskara).


Come è nata questa pratica, a detta di molti, millenaria, a detta di altri, "moderna"?


Un'origine ancora sconosciuta

Cercare di tracciare le origini del Saluto al sole è arduo e, come in molti casi quando si cerca di interpretare tradizioni millenarie di un paese vasto come l'India e conoscenze tramandate per secoli per via orale e arrivate a noi da fonti differenti, sarebbe d'obbligo l'uso del condizionale.


In sanscrito surya significa sole e namaskara saluto.

Quella sequenza di 12 posture che noi chiamiamo Surya namaskara, sebbene il culto del dio Sole fondi le proprie radici in epoca vedica (XV-X secolo a.C.), non compare nei testi antichi se non solo pochi secoli fa.

Le testimonianze arrivate a noi di quel periodo, per la maggior parte, riguardano l'aspetto cultuale di Surya, ovvero inni, formule rituali e sacrificali che prevedevano una liturgia ben precisa, come almeno due sacrifici da eseguirsi dal capofamiglia nel momento del crepuscolo, all'alba e al tramonto.

Il sole, d'altronde, è l'elemento igneo nella sfera celeste, rappresentazione del fuoco, Agni, una delle divinità più importanti nell'epoca vedica e le sue qualità sono associate a diverse divinità tra cui Savitr, a cui sono dedicati, nella sua forma femminile, i versi del famoso gayatri mantra

declamato ancora oggi proprio al sorgere e al calar del sole per rimuovere l'oscurità e favorire conoscenza e illuminazione spirituale.


Facendo un salto di secoli (XV secolo d.C.), anche all'interno di alcuni tra i testi più noti sull'hatha yoga, come l'Hatha Yoga Pradipika, non si fa alcun accenno a posture concatenate che possano avere dato vita a quello che chiamiamo Saluto al sole.


Da dove nasce allora il Saluto al sole o Surya namaskara?

I riti spirituali che nei secoli hanno reso omaggio al dio Sole venivano accompagnati da movimenti reverenziali praticati in alcune tradizioni indiane che, nel tempo, hanno ispirato sequenze di posture concatenate seppur ancora lontane da quelle a noi più note.


Il primo a ideare una sequenza fluida che, sul ritmo del respiro, andava a unire queste forme di prostrazione a movimenti presi dalla ginnastica e dal wrestling indiano fu Krishnamacharya, il maestro dello yoga "moderno" e i suoi discepoli, K. Pattabhi Jois (da cui prende vita lo stile Ashtanga yoga) e Iyengar (da cui l'omonimo stile), che portarono avanti questa eredità inserendo la stessa sequenza che usualmente pratichiamo all'inizio della nostra sadhana tra quegli insegnamenti divulgati a discepoli di tutto il mondo.



Se dovessimo quindi individuare le origini del Surya namaskara, mi verrebbe da dire che, affondando le proprie radici spirituali in epoca lontana, si può senz'altro parlare di pratica millenaria al contempo però, se ne consideriamo la sua natura più fisica, non possiamo negarne la modernità.


Sebbene le sue origini siano ancora misteriose, come eseguire il Saluto al sole?


Come praticare Surya namaskara

Tralasciando gli aspetti tecnici legati alle posture di cui potretre trovare migliaia di video che vi illustreranno anche i diversi Saluti al sole e le innumerevoli variazioni, inutile dire che l'approccio a questa sequenza cambierà a seconda delle motivazioni che ci spingono sul tappetino, le quali potranno essere di natura prettamente fisica, spirituale (soprattutto se accompagnata da mantra) o un'integrazione delle due.

Sicuramente, avere presente l'evoluzione di questa pratica, ci consentirà di comprenderne il significato più sottile e, già solo un ascolto attento del respiro nel fluire da una postura all'altra, ci permetterà di entrare in uno stato di connessione con il nostro corpo, di risvegliare l'energia e di sviluppare una maggiore consapevolezza del nostro essere e della pulsazione vitale di cui siamo parte.


Un piccolo suggerimento

Qualora vi venisse difficile sperimentare l'aspetto più mistico di questa pratica o, in ogni caso, aveste difficoltà a "sentire", il mio suggerimento, come spesso faccio fare a lezione, è di provare a ripetere il Saluto al sole almeno tre volte, l'ultima delle quali a occhi chiusi.

Abbandonando per qualche istante il senso della vista, riusciremo con più facilità a percepire il corpo, ad ascoltare il respiro e, di conseguenza, ad avviare quel processo di conoscenza che, seppur qui ancora a livello grossolano, ritroviamo nel Gayatri mantra.


La mia riflessione

Anche se si potrebbe pensare a un'involuzione - dal piano spirituale al piano fisico -, preferisco pensare che questo processo segua il movimento ciclico del tempo così come concepito dalla cultura indiana rispondendo alle necessità dell'essere umano e che, in un'epoca come la nostra in cui il corpo è protagonista, sia più semplice partire da quest'ultimo, da ciò che è facilmente conoscibile ai sensi e accettabile dalla ragione, per poi addentrarsi nel campo dell'incorporeo e della trascendenza. Ma se anche fosse che quest'ultimo passaggio non accadesse, andrà comunque bene così: i benefici fisici che trarremo da una pratica costante e attenta di questa sequenza saranno sicuramente numerosi!










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