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Di limiti e infinito

Durante l'ultimo weekend del corso di formazione che sto seguendo, abbiamo parlato di pedagogia, di quali siano i cardini dell'insegnamento, di come trasmettere la materia oggetto di studio e quali mezzi usare.

In uno scambio di opinioni che ne seguiva, una compagna di corso, chiedendo conferma del fatto che non si dovrebbero insegnare quelle posture che non si riescono a praticare, ha esternato il rimpianto di essersi approcciata allo yoga quando ormai il corpo non le garantiva più una certa flessibilità e qualche acciacco non le permetteva di prendere determinate asana.

Ha usato la parola LIMITE: limiti fisici che, essendo vicina alla terza età, non le avrebbero consentito di mettersi a testa in giù senza pensare alla salute del proprio collo o di accucciarsi con quella facilità con cui lo farebbe una donna indiana della sua stessa età e anche più anziana.

A questa riflessione che anch'io ho fatto a me stessa più e più volte, Maurizio, il mio insegnante, ha risposto

<< Ma la vita è per definizione un LIMITE. Io stesso sono un LIMITE; inizio con i piedi e finisco con la testa. Conoscere un limite significa sviluppare le proprie potenzialità. >>

Quante volte abbiamo considerato il nostro corpo come un'entità con dei margini chiari? Pensiamo a tutte le volte che ci sediama a inizio pratica e ne delineiamo mentalmente i contorni o quando in savasana ne percepiamo l'appoggio sul tappetino. O, se non pratichiamo, semplicemente all'ultimo paio di scarpe acquistato richiedendo al nostro piede di rientrare in qualcosa che lo contenesse definendone chiaramente lo spazio che occupa, dall'alluce al tallone.

Magari non ci siamo mai soffermati a pensare al nostro corpo come a un insieme di linee che separano e uniscono o non abbiamo pensato espressamente a noi stessi come a un limite ma, per esperienza, ci è certamente familiare la circoscritta densità della nostra componente materica.


La parola limite ritorna spesso durante la pratica - io stessa ne faccio ampio uso - ma più ci penso e più la sento stridente e frenante per la sua connotazione che, nel linguaggio generale, richiama sovente uno stato di allerta, qualcosa che non deve essere superato o non si è in grado di superare, quindi la sostituirò con CONFINI, un termine che, almeno in me, ha una diversa risonanza poiché mi ricorda che c'è sì una linea di demarcazione che definisce il mio spazio interno e d'azione anche nel rapporto con l'altr*, ma al contempo che quella linea non ha una sua fissità e, anzi, c'è possibilità di movimento, di apertura e di sviluppare le potenzialità di cui parla il maestro Morelli.


E' infatti palese che il corpo, sia in termini spaziali sia in termini funzionali, ha delle linee di demarcazione ben chiare, ma è anche vero che attraverso la conoscenza di quei "limiti" e partendo proprio dagli stessi, noi possiamo sfruttarli come opportunità, come occasione di evoluzione che da un livello fisico ci permette di accedere a un livello più sottile. Tant'è che sempre la compagna di cui sopra era consapevole che quella sua limitazione si era fatta confine mostrandole la possibilità di un altro approccio alla pratica e di accedere a uno spazio - quello spirituale - privo di demarcazioni e che, al contrario, si apre all'infinito.


Mi vengono qui in mente le parole di Sadhguru, yogi e guida spirituale,:

<< Lo yoga è in sostanza un modo per ricreare il corpo così che possa votarsi a uno scopo più alto. Il corpo umano può funzionare come un pezzo di carne e ossa o come la vera origine del creato. [...]

Ogni essere umano ha in sé qualcosa di refrattario ai confini, qualcosa che aspira a liberarsi da ogni limitazione. La natura umana induce a essere qualcosa "di più" di quel che siamo ora. Ma se osserviamo con attenzione, ci renderemo conto che tale anelito, in verità, non si limita al desiderare "di più" ma a desiderare il tutto. Stiamo tutti provando a diventare infiniti. [...] Per quanto ampio sia il limite che stabiliamo, nel momento in cui ne diventiamo consapevoli proviamo l'istintiva aspirazione a superarlo. In Oriente, questa aspirazione è stata culturalmente identificata come lo scopo più alto di ogni sforzo e azione dell'uomo. La libertà - mukti o moksha - è per ogni essere umano un'aspirazione naturale, nonché il suo obiettivo ultimo. [...]

Il desiderio umano non riguarda un oggetto particolare ma un'espansione illimitata. [...] E quando ho visto che in ciascuno risiede questa capacità a espandersi, mi è venuto naturale condividere la mia scoperta. Il mio unico scopo, da allora, è stato [...] risvegliare negli altri la consapevolezza che una condizione di gioia, di libertà e assenza di limiti non può essere negata a nessuno [...]. >>


Qui e ora sono CONFINE ma la mia natura è INFINITO.







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1 Comment


danielapellacani13
Oct 03, 2022

Grazie per questi preziosi spunti di riflessione. Questi richiedono un po' di impegno....

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